Quante di noi uccise dal senso di colpa

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"Per troppi anni la colpa è stata gettata addosso alle madri. Per me, pure quella è stata violenza sulle donne". Un altro tipo di violenza, certo. Ma che scava nella mente e nel cuore un solco che non si richiuderà facilmente. E' questo il pensiero di una giovane mamma di Comacchio, Roberta Buzzi.

Attraverso Facebook Roberta racconta la sua vita con Antonio, detto Totò, un bambino di quattro anni con sindrome da spettro autistico. La sua pagina è diventata un punto di riferimento per tante famiglie dalla quotidianità simile, ma anche un libro ("Dolceamaro", ed. Il Fiorino) in cui Roberta ha descritto senza censure la difficoltà di accettare il presente e immaginare un futuro. Nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne Roberta punta il dito contro la colpevolizzazione delle madri quando qualcosa corre fuori dai binari della cosiddetta normalità: come accade troppo spesso a proposito dell'anoressia, ancora oggi parlando di autismo succede che si guardi al rapporto madre-figlio per ricostruire responsabilità e indicare delle colpe che non ci sono. "'Se suo figlio è autistico lei è la colpevole'. Ne ha uccise molte di più il senso di colpa, che l'amianto. Nessuna madre è colpevole", avverte Roberta. "Le parole uccidono come pallottole di una rivoltella".
Sono passati 50 anni da quando uno scienziato austriaco coniò il concetto di "madre frigorifero", teorizzando la necessità di separare i bimbi dai genitori per "guarirli", ma resiste ancora come stereotipo che ruota attorno al mondo dell'autismo. "Una teoria smentita da tempo dalla psicanalisi, eppure - anche se io personalmente sono stata molto consolata dalla nostra dottoressa su questo - so che in molte se lo sentono ancora dire: me lo raccontano tanto le madri quanto gli specialisti che incontro". E lo confermano alcuni messaggi alla sua pagina Facebook: "Ho cercato di perdonare chi mi ha fatto sentire colpevole", scrive S.; "Sicuramente una violenza che ancora mi fa male", ammette M.; "Per anni me lo sono sentita ripetere", aggiunge I., "se così fosse stato, avremmo trovato la causa".
"La violenza sulle donne ha tante forme, io - precisa Roberta Buzzi - ho voluto mandare un pensiero alle madri che solo pochi decenni fa sono state spedite in manicomio, alle donne esiliate cui sono stati strappati letteralmente i figli. Alle madri che non hanno retto il colpo".
Roberta è una "guerriera", come le ha scritto un giorno il suo compagno Beppe. Lo è per carattere, "perché se no ci muori" di fronte a una diagnosi di autismo. Ma sa che deve molto anche a due donne, "la dottoressa Cesarina Xaiz e l'educatrice Rossella Paura, che davvero mi hanno sempre tenuta per mano e non hanno mai puntato il dito".
Ora è Roberta stessa a tendere la mano a tante mamme, "ma anche papà e nonne, che mi cercano su Facebook, e mi chiedono consigli". Roberta, che ha studiato e lavora come terapista, dedica un po' del suo tempo a chi sta percorrendo la sua stessa strada. "Di fatto si è creato un gruppo di mutuo aiuto, e la cosa mi fa piacere". Un luogo dove non trovano spazio gli stereotipi, le condanne e gli sguardi colpevolizzanti. Dove invece si incontrano comprensione e ascolto.

Micol Lavinia Lundari, Repubblica/Bologna 

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