Mai vissuto la diagnosi come condanna
Non è proprio una mamma senza pensieri, Angela Troisi, costretta a destreggiarsi quotidianamente tra la ricerca di un lavoro stabile, uno sfratto e l'abbandono del marito, sparito dalla sua vita ormai da sei anni. «Mio figlio crede che gli abbia salvato la vita. In realtà è lui che mi salva tutti i giorni»
«È cretino, è stupido? No, è solo diverso». In modi che non tutti, forse, possono comprendere. Ma ce la mette tutta Angela Troisi a raccontare suo figlio minore, Federico, e il suo mondo, quello dell'autismo. Un mondo che ha attraversato in prima persona, per indicare una via di fuga a un bambino che ha finito per salvare lei. Della malattia del figlio ha saputo tutto quando il marito l'aveva già lasciata, interrompendo di colpo ogni contatto con lei e con entrambi i bambini. Da sola, però, non ha dovuto affrontare solo l'abbandono di quest'uomo e la diagnosi della patologia, ma la precarietà del lavoro e il doversi reinventare ogni giorno, per anni. L'ultima che le combina il destino è la decisione dell'Inps di sospendere l'assegno d'invalidità, perché al controllo di giugno dell'anno scorso per l'accompagnamento hanno ritenuto che il bambino non fosse più idoneo, guarito dall'autismo. Mentre, lo stesso ente le ha riconosciuto la legge 104, rinnovandola fino al compimento della maggiore età di Federico. Una contraddizione in termini.
La madre fa ricorso, ma i tempi in fatto di giustizia e burocrazia sono lunghi. A pagarne le conseguenze, nel frattempo, è l'intera famiglia, che adesso si trova costretta a fare a meno di una somma fondamentale. E anche accettare i lavori trovati con l'aiuto di conoscenti, concittadini monrealesi e amministrazione comunale è complicato, perché a vincolare Angela sono proprio i suoi due figli, che dipendono esclusivamente da lei. I nonni materni, infatti, non ci sono più entrambi e l'unico momento in cui mamma Angela è sola è quando i ragazzi sono a scuola. E poi c'è anche uno sfratto che pende sulla testa di tutti e tre. «La disperazione è tanta e a volte prende il sopravvento purtroppo. Non chiedo l'elemosina, chiedo la possibilità d'essere messa in condizione di farcela - racconta la donna - Con i miei figli ho parlato apertamente spiegando loro l'importanza dei soldi, il loro significato. Spiegando soprattutto perché non posso dire di 'sì' a tutte le loro richieste».
E poi, sempre lì in agguato, c'è un mostro chiamato autismo. Mostro, però, solo per chi non sa cosa significhi. «Quando hanno diagnosticato la patologia, mio figlio era in una condizione gravissima, indietro di oltre un anno per capacità logiche e cognitive». Una situazione che, però, non la spaventa, anzi. «Non ho mai vissuto l'autismo come fanno altri genitori, la maggior parte purtroppo, cioè come una condanna o addirittura sentendomi una 'macchina che sforna figli malati'. No, questo è un pensiero frutto di una mentalità stupida e ottusa». Sviluppa subito, lei, un atteggiamento di curiosità morbosa verso quel bambino che resta muto per cinque anni, senza dire una parola. «Sono scesa nel mondo di mio figlio per portarlo nel mio di mondo e sono andata sempre fiera del suo autismo», spiega Angela. I suoi movimenti, i suoi sporadici gesti, il suo modo così solo suo di esprimersi diventano oggetto di studio per questa madre.
«Era un bambino assentissimo, solo che io non lo ero - ricorda - Ho sempre parlato con lui, in continuazione, la gente mi diceva 'ma che fai? Tanto non ti sente'. Invece a cinque anni e mezzo Federico ha buttato fuori le sue prime venti parole. Oggi ha recuperato le capacità logiche, si ricorda le cose fatte assieme, i viaggi in autobus fino a Palermo. Per la gente sono stata una pazza, perché per lui e il fratello ho fatto e continuo a fare cose allucinanti, se mi guardo indietro io per prima non so da dove provenga questo coraggio». Le ha fatte davvero tutte, però, le follie per loro. Compreso portarli al mare con tre autobus, tra snervanti attese e il cocente sole estivo. Una mamma che ha creduto nei propri figli, specie in quello su cui altri non avrebbero scommesso nulla. «Mamma mi hai salvato», le ripete oggi Federico. «No», risponde sempre lei, «sono stata io che sono stata salvata da lui. Mi salva tutti i giorni. E lo ringrazio, perché è grazie a quella che per tutti è solo una patologia che è cambiata la mia vita, il mio modo di intendere e di percepire ogni cosa. Mi ha sconvolto tutto, è stato una guida turistica fantastica dentro a quel mondo in cui mi ha concesso di entrare».
Silvia Buffa, Palermo.meridionenews.it