Genitori vincono causa contro la Asl

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La Asl dovrà garantire un progetto di presa in carico globale per seguire una bambina autistica di 10 anni. Il Tribunale di Salerno, con una sentenza emessa il 22 dicembre, dichiara necessaria la continuità delle terapie messe in atto dalla famiglia attraverso specialisti privati.

La famiglia della bambina ottiene una vittoria, non solo di principio, che potrebbe costituire un precedente importante nella gestione dei piani di terapia individuali assegnati dalle Asl.

La sentenza emessa dal tribunale di Salerno il 22 dicembre, parla chiaro: "la Asl dovrà fornire alla famiglia le risorse economiche necessarie per garantire le esigenze di continuità del trattamento ABA con il supervisore fino alla effettiva presa in carico della minore presso il centro con la presenza del supervisore garantito". Avevamo seguito la battaglia del padre della bambina, bambina autistica di 10 anni, compresa nelle rivendicazioni collettive del movimento genitori Insieme. Prima di Natale, però, è arrivato il provvedimento atteso. Con esso non solo si rigetta il ricorso della Asl, presentato dopo l'ordinanza che imponeva di pagare le spese della famiglia, ma si potrebbe innescare un meccanismo che supera il sistema di assegnazione di poche ore di terapie nei centri accreditati nei quali si riconosce anche come manchino le professionalità necessarie per un efficace percorso riabilitativo.

La richiesta della Asl di una nuova visita della minore, effettuata dalla Unità di valutazione del bisogno riabilitativo, non si è limitata a confermare la diagnosi di autismo infantile, ha accertato che "il progetto riabilitativo individuale deve garantire una globalità di presa in carico che coinvolga l'ambito scolastico, famigliare e sociale chiarendo che è terapeuticamente corretta ed altamente auspicabile la continuità delle figure di riferimento tecnico ABA che già implementano il programma comportamentale della minore "

Nell'ottobre del 2015 la famiglia della bambina chiamava in causa la Asl di Salerno per chiedere che istituissero una equipe professionale per seguire la figlia Giorgia secondo le linee guida riconosciute dalla regione Campania, in alternativa di fornire alla famiglia le risorse necessarie per portare avanti il lavoro dei professionisti che già seguivano la bambina, confermando la supervisione della dottoressa in carico. Il primo pronunciamento del giudice, il 30 maggio del 2016, dava ragione alla famiglia. La Asl ha fatto ricorso, ma da giugno ha dovuto provvedere alle spese dell'analista comportamentale e dei tecnici del comportamento che già seguono la bambina. Qui il primo dato da rilevare: la Asl ha risparmiato.

"La Asl come da sue determine – spiega il genitore- ha speso per 309 ore di terapia a casa, a scuola e nel sociale, 7000 euro compreso l'analista ed il suo viaggio albergo con un risparmio netto di euro 6500 rispetto all'intervento domiciliare di un centro pari a 44 euro (retta centro per interventi domiciliari) che moltiplicate per le 309 ore , fa un totale di 13500 euro"

Dai numeri viene naturale quindi la prima domanda che, a prescindere dal caso personale, si pone il padre della piccola Giorgia: "ha senso pagare il doppio per strutture accreditate che non hanno i requisiti e per legge non intervengono negli ambienti naturali, casa, scuola, sociale?"

Un genitore ha chiaro come l'autismo abbia bisogno di un percorso di abilitazione non di riabilitazione, mentre sembra ci sia confusione all'interno delle strutture che dovrebbero aiutare le famiglie nel percorso. "Nella stessa sentenza – commenta il padre– il giudice evidenzia che il direttore del distretto, che non è uno specialista della patologia, ha garantito che il distretto pagherà direttamente l'analista comportamentale e che esiste un centro accreditato che ha dato disponibilità (un centro che non ha personale e lo deve reclutare e che precedentemente a quesiti specifici aveva parlato di tempi non definibili) mentre il neuropsichiatra infantile della Asl ha dichiarato che qualora il piano riabilitativo non venisse eseguito come da sue indicazioni condivise con la famiglia, declina ogni responsabilità della presa in carico. L'evidente discrasia tra il non specialista, direttore del distretto ed il npi prescrittore, lascia intendere da sola, dove viene classificato l'autismo."

In questo contesto la sentenza pare andare oltre una vittoria personale: "Questa battaglia ha messo a nudo il sistema fallimentare dei centri accreditati (tutto agli atti) e la determinazione, senza fondamento, quasi un accanimento sistemico, del distretto e della Asl nel non raccogliere l'esigenza reale della bambina e dell'autismo, ma esclusivamente votato all'escludere l'assistenza indiretta.

www.salernonotizie.it 

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