Francigena, sul sentiero blu

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«Noi autistici non ci arrendiamo mai». È il motto di Elisa ma potrebbe essere quello di tutti i suoi compagni di viaggio, pellegrini in un'esistenza speciale, viandanti per 200 km e per un'esperienza unica sulla via Francigena. Protagonisti di un percorso a piedi, durato 9 giorni e conclusosi a Roma con il saluto di Papa Francesco.

La loro avventura, per la regia di Gabriele Vacis e la produzione di Michele Fornasero, è diventata un film, Sul sentiero blu, dal 28 febbraio nelle sale con Wanted Cinema e in collaborazione con CAI.

Il documentario racconta il progetto Con-tatto, un'iniziativa lanciata lo scorso 2021 dal Rotary International Distretto 2031 e realizzata grazie al contributo scientifico del dottor Roberto Keller, direttore del Centro regionale per i Disturbi dello spettro dell'autismo in età adulta della ASL Città di Torino.

Un antico sentiero, dunque, che per Elisa, Oliviero, Jimmy, Daniele e i loro amici è stato sì fisico, ma ancor prima mentale: hanno lasciato temporaneamente le famiglie, quelle abitudini e quella quotidianità che consentono loro di sentirsi tranquilli e si sono incamminati, zaino e timori in spalla, per imparare a gestire nuovi stimoli, emozioni e difficoltà.

«La bellezza delle persone con autismo è essere perfettamente autentiche, esplicite. Questo nella nostra società – spiega nel documentario il dottor Keller, che con colleghi ed educatori ha seguito il gruppo – può essere persino considerato una disabilità. In realtà è una neurodiversità, non una malattia».

«È solo un modo diverso di vedere il mondo, di stare al mondo», aggiunge il regista Gabriele Vacis, che aveva già approfondito il tema a teatro. «È stata un'esperienza bellissima, oltre che una fatica titanica – commenta con un sorriso – La troupe ha fatto la metà del viaggio camminando all'indietro, per poterli riprendere. Fortuna che sono professionisti, con i quali collaboro da anni, addestrati all'attenzione nei confronti del soggetto. Sono bravissimi a scomparire, diventano fantasmi. Sanno non farsi vedere per poter meglio vedere».

Un'abilità che viene dalle esperienze a teatro dove «chi parla può ascoltare chi ascolta, e chi agisce può vedere chi lo guarda». Inoltre – continua – «cerco sempre di tirar fuori dagli attori la loro vita».

È avvenuto anche in questo progetto che segue, quasi in punta di piedi, l'andare del lungo serpentone di magliette blu. Riprende con delicatezza, quasi accarezzandoli, i visi, le espressioni, i singoli corpi, le stereotipie, e li restituisce in tutta «la loro assoluta poesia», perché – Vacis ne è convinto – «a questa si pensa vedendo Jimmy che da solo, di sera e in un corridoio, balla una meravigliosa danza contemporanea o ammirando Elisa, che sognante ascolta il vento».

In cammino si mette anche lo spettatore, che cresce, scena dopo scena. Impara ad andare oltre i pregiudizi e i preconcetti che circondano solitamente gli autistici. «A differenza del passato – conclude Vacis – oggi sono giustamente oggetto di attenzioni perché preziosi. Va sempre riconfermata e ribadita la necessità di comprendere e di rispettare queste persone».

Michela Offredi

Ciak 

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