Se il partner è autistico e non lo sa

settembre-2019-articolo-14

Le diagnosi di autismo, normalmente, vengono formalizzate quando i pazienti, ancora bambini, hanno tre, quattro anni. Quelle della sindrome di Asperger, in media, a 11 anni. Eppure accade sempre più spesso che le valutazioni e gli accertamenti vengano effettuati in età adulta: non ci sono dati precisi, ma la percentuale, ogni anno, è in aumento.

Ci sono anche molti adulti che non sono consapevoli della loro condizione. Tanti di loro hanno un partner: una diagnosi può aiutare la coppia a spiegare anni di incomprensioni e confusione. E, per molti, può rendere il legame ancora più forte.
È successo a Karen e David, che hanno raccontato la loro esperienza al quotidiano inglese The Guardian. Quando i loro bambini erano piccoli, andarono tutti insieme in un ristorante chiassoso. La figlia di due anni era rumorosa ed agitata, come spesso succede ai bimbi, e David improvvisamente si alzò e uscì. Ci sono stati molti altri episodi del genere, durante i loro primi 12 anni di matrimonio, che lasciavano David frustrato e Karen triste, sola e confusa.

Quando al loro figlio è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico, è stato da subito chiaro che anche David fosse nella stessa condizione: i medici formalizzarono anche la sua diagnosi. Il loro matrimonio, adesso, è molto più felice. «Ora sono molto meglio attrezzato per capire perché a volte trovo così confuse le relazioni neurotipiche (si tratta di un neologismo che indica le persone che non sono nello spettro autistico)», spiega David: «Questa è stata la base per migliorare la mia relazione con Karen». La moglie, spesso, si sentiva esasperata dagli sbalzi d'umore di David e dalla sua propensione a ingigantire i piccoli problemi. «Non riuscivo a capirlo, perché per la maggior parte del tempo era invece la persona più amorevole e generosa che conoscessi». Grazie alla diagnosi, «dopo 12 anni di non comprensione reciproca, ho iniziato a capire il perché del suo comportamento. E ho avuto la certezza che non si trattasse di una persona cattiva».

Ci sono pazienti, soprattutto quelli con la sindrome di Asperger, che sono arrivati all'età adulta senza avere mai incontrato un clinico, e che hanno compensato autonomamente, in qualche modo, la disabilità cognitiva sociale. Possono quindi arrivare all'osservazione psichiatrica quando, in momenti di transizione o di stress, presentano disturbi d'ansia o dell'umore, se non veri e propri momenti di scompenso psicotico.

«Una delle caratteristiche delle persone con i disturbi dello spettro autistico può essere anche una specie di "doppia personalità"», spiega Tony Attwood, psicologo clinico ed esperto di sindrome di Asperger. «Sono in grado di socializzare in un ambiente di lavoro, anche se per loro è molto arduo ed estenuante. Quando tornano a casa, vogliono isolarsi e impegnarsi in ciò che interessa loro, ma il loro partner spesso si sente escluso».
Prima che a Robert venisse diagnosticato, l'anno scorso, a 30 anni, l'autismo, sua moglie pensava che lui avesse delle «stranezze»: indossava sempre i tappi per le orecchie, ad esempio, o aveva bisogno di sedersi vicino alle pareti. Dal momento della diagnosi, la moglie si sforza di aiutarlo a trovare tavoli adatti nei bar o assicurarsi che possa sedersi nell'ultima fila dell'autobus in modo che nessuno possa occupare un posto dietro di lui. La formalizzazione della diagnosi ha significato molto della sua vita. «Trovo molto difficile mantenere relazioni con altre persone. Non ho una cerchia sociale, anche se trovo che i social media mi aiutino a interagire con persone con cui normalmente avrei difficoltà. Mi sentivo immensamente in colpa per non avere rapporti di amicizia, e anche per non essermi davvero impegnato per stringerli. Ricevere una diagnosi mi ha insegnato che va bene così».

Sapere di avere l'autismo l'ha anche aiutato a spiegare alcune delle sue azioni a sua moglie. «Sono diventato profondamente consapevole di quanto io sia ossessionato dalle cose: questo è un aspetto che aveva causato molti problemi a mia moglie. Ma adesso anche lei capisce».

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