Padova. Alla base di questa storia ci sono due meravigliosi ingredienti: la passione sfrenata per lo sport e l'amore incondizionato per una figlia coinvolta nell'autismo. Sono quelli che hanno portato il padovano Damiano Ferrari a sviluppare uno splendido progetto sociale mirato ad aiutare i bambini autistici. Anche in epoca di piena emergenza Coronavirus.
Titolare di una nota palestra a Padova in zona Camin, Damiano ha lanciato un progetto chiamato Crossfit Kids for all basato su una regola molto semplice: per ogni ora di crossfit fatta da un cliente della palestra, lui ne regala una ad un bambino affetto da autismo.
«Tutto è nato per aiutare la mia piccola bimba, che purtroppo soffre di questa patologia. Il progetto è nato per lei e poi abbiamo iniziato a coinvolgere tanti altri bambini. Da settembre 2019 ad oggi abbiamo già donato oltre 200 ore, nonostante l'emergenza Covid».
Il crosfitt, disciplina nata nel 2000 in California e sempre più di moda nelle palestre padovane, propone allenamenti che mescolano diversi tipi di attività fisica, dal sollevamento pesi alla ginnastica. L'associazione sportiva Airon Kings Ssd ha invece sede a Padova in via Svizzera e gode in questa iniziativa di un doppio supporto: quello dell'associazione Aicas e quello della onlus Le parole di Enea.
«Siamo aperti da quattro anni e l'idea di proporre questo tipo di sport mi è venuta proprio perché sono padre di una bimba autistica - racconta Damiano - Ho sempre riscontrato difficoltà nel trovare strutture adatte a questi bambini ma due anni fa, iniziando a far fare un po' di Crossfit a mia figlia, ho notato che dava importanti risultati. La aiutava sia dal punto di vista fisico sia nelle capacità di apprendimento e di stare in gruppo. Sono andato a Roma a fare un corso specializzato e ho incontrato degli istruttori americani esperti proprio sul rapporto tra sport e bambini down o autistici. Mi hanno dato consigli utili e la spinta più importante. Se sei papà, non avrai difficoltà. Quella è stata la vera grande molla».
Per un anno Damiano ha condotto una sorta di progetto-pilota con la figlia, poi a settembre dell'anno scorso ha coinvolto un bimbo, poi un altro e un altro ancora. Ora sono una decina, per due ore alla settimana. «Questi bimbi - ripete - sono uguali a tutti gli altri».
G.Pip., Ilgazzettino.it