Editoriale: Da Sergio a Greta

marzo-2019-articolo-17

Poco più di 15 anni fa, in via Lucrino a Roma, un anziano medico uccide con due spari il figlio trentanovenne sordomuto e gravemente autistico. Aggressivo, molto violento, comportamenti difficili, fin da bambino. I genitori gli hanno dedicato la vita, ma alla fine non ce l'hanno più fatta. Il padre omicida, 75 anni, verrà condannato a una pena tutto sommato mite (poco più di sei anni) e infine graziato dal Presidente della Repubblica.

La terribile vicenda è stata da me raccontata in un libro che fece a suo tempo molto discutere ("Il mondo di Sergio"*). Con i genitori abbiamo ricostruito quei quasi quarant'anni di sofferenze, incomprensioni, violenze subite, incompetenze mediche, insensibilità diffuse. Negli anni Sessanta, ma anche successivamente, l'autismo era una realtà sconosciuta e Sergio ne ha fatto le spese, soffrendo e infliggendo sofferenza al padre e soprattutto alla madre. Tutta la sua vita è stata costellata di ostacoli: medicina, scuola, strutture sanitarie pubbliche e private, nel suo caso tutto un fallimento.

Quindici anni, dicevamo, dalla morte di Sergio. E' cambiato qualcosa da allora? E è cambiato qualcosa da quando quei genitori vagavano da un medico all'altro, da una struttura all'altra, alla ricerca di una diagnosi e di qualche trattamento che perlomeno alleviasse i disagi del ragazzo e il carico sulla sua famiglia?

Banale ed erroneo dire che è tutto come prima. Non è vero, anche se il dirlo può risultare paradossalmente consolante per chi è a contatto con la realtà della sindrome autistica. La risposta più corretta potrebbe essere: dei passi avanti si sono fatti, in questi anni, ma in misura terribilmente insufficiente rispetto alle necessità. Ne sanno qualcosa le famiglie coinvolte.

Innanzitutto la sindrome ha un nome – autismo - e di essa si parla sui media, nella comunità scientifica e nelle istituzioni. L'origine genetica del disturbo deve essere ancora investigata ma alcune fake news sono state giustamente osteggiate dal punto di vista scientifico: dalla teoria delle "madri frigorifero" responsabili della sindrome ai vaccini causa di autismo. Un altro passo avanti è rappresentato dalla presa di coscienza della diffusione del disturbo: non qualche caso isolato ma una realtà che per l'Italia parla di un bambino almeno ogni cento nati. Più diffusa e raffinata è l'attività di diagnosi, più ampia è la realtà che emerge.

Non c'è, lo sappiamo, alcuna terapia risolutiva. Ma esistono trattamenti che migliorano la qualità della vita delle persone colpite. Tra di essi si è imposto il trattamento comportamentale ABA, giudicato efficace alle maggiori società scientifiche e istituzioni sanitarie e fatto proprio anche nei due centri di "Una breccia nel muro", la nostra associazione che in questi anni a Roma e a Salerno ha trattato oltre 400 bambini.

La risposta delle istituzioni è stata complessivamente timida e impacciata, quando non assente. Si sono approvati specifici provvedimenti legislativi, ma la loro implementazione segna macroscopiche insufficienze.

Proprio all'inizio di aprile, in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza per l'autismo, il Senato ha approvato un ordine del giorno all'unanimità (ne pubblichiamo il testo in questo numero della Newsletter) per ribadire alcuni impegni: promuovere la ricerca nel campo delle patologie del neuro-sviluppo, migliorare le stime riguardanti il fenomeno, migliorare i livelli assistenziali, perfezionare le linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico, garantire campagne di informazione e sensibilizzazione, favorire forme di aiuto alle famiglie, promuovere progetti per l'inserimento lavorativo dei soggetti adulti.

Vedremo quanto di tutto ciò verrà effettivamente realizzato. Non ci conforta, anche a questo riguardo, dover costatare un calo dell'attenzione mediatica sul tema. Anzi, dobbiamo notare più di uno scivolone di sensibilità. Uno per tutti, i commenti malevoli alla notizia che la 16enne svedese attivista per il clima e la difesa dell'ambiente Greta Thunberg è affetta da sindrome di Asperger, una forma di disturbo pervasivo dello sviluppo. Come dire: "è malata, per quel che dice e fa va compatita". Ne hanno parlato in questi termini opinionisti, giornalisti, frequentatori di quei festival dell'odio cui sono spesso ridotti i social.

È stata la stessa Greta a rispondere con un tweet del 2 aprile: «Oggi è la Giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo. Orgogliosi di essere nello spettro! È una lotta senza fine contro scuole, luoghi di lavoro e bulli. Ma nelle giuste circostanze, può essere un superpotere. Ho avuto la mia giusta dose di depressione, alienazione, ansia e disturbi. Ma senza la mia diagnosi, non avrei mai iniziato i miei scioperi a scuola. Perché allora sarei stata come tutti gli altri. Le nostre società devono cambiare, e abbiamo bisogno di persone che pensano fuori dagli schemi e dobbiamo iniziare a prenderci cura l'uno dell'altro. E abbracciare le nostre differenze».

La famiglia di Greta ha recentemente pubblicato un libro ("La nostra casa in fiamme", Mondadori-la Repubblica) in cui racconta le peripezie attraverso le quali è passata per giungere alla diagnosi di autismo per Greta e sua sorella Beata: "sindrome di Asperger ad alto funzionamento" è stato l'esito di un percorso attraverso diversi centri medici. Colpisce, in questo racconto, il carico di sofferenza che la famiglia ha dovuto sostenere. Il commento della madre: "Ignoranza, trattamenti sbagliati, discriminazione, incapacità di adattamento della società". E siamo in Svezia.

Mauro Paissan, socio fondatore e consigliere dell'Associazione di volontariato "Una breccia nel muro"

* Il mondo di Sergio", Fazi Editore, è esaurito nelle librerie. Chi lo volesse ordinare può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ed effettuare un bonifico di 20 euro (comprensivi delle spese di invio postale) all'Iban di Una breccia nel muro: IT33G0326803210052168108820 

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E è cambiato qualcosa da quando quei genitori vagavano da un medico all'altro, da una struttura all'altra, alla ricerca di una diagnosi e di qualche trattamento che perlomeno alleviasse i disagi del ragazzo e il carico sulla sua famiglia?</p><p>Banale ed erroneo dire che è tutto come prima. Non è vero, anche se il dirlo può risultare paradossalmente consolante per chi è a contatto con la realtà della sindrome autistica. La risposta più corretta potrebbe essere: dei passi avanti si sono fatti, in questi anni, ma in misura terribilmente insufficiente rispetto alle necessità. Ne sanno qualcosa le famiglie coinvolte.</p><p>Innanzitutto la sindrome ha un nome – autismo - e di essa si parla sui media, nella comunità scientifica e nelle istituzioni. 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Tra di essi si è imposto il trattamento comportamentale ABA, giudicato efficace alle maggiori società scientifiche e istituzioni sanitarie e fatto proprio anche nei due centri di "Una breccia nel muro", la nostra associazione che in questi anni a Roma e a Salerno ha trattato oltre 400 bambini.</p><p>La risposta delle istituzioni è stata complessivamente timida e impacciata, quando non assente. Si sono approvati specifici provvedimenti legislativi, ma la loro implementazione segna macroscopiche insufficienze.</p><p>Proprio all'inizio di aprile, in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza per l'autismo, il Senato ha approvato un ordine del giorno all'unanimità (ne pubblichiamo il testo in questo numero della <i data-redactor-tag="i">Newsletter</i>) per ribadire alcuni impegni: promuovere la ricerca nel campo delle patologie del neuro-sviluppo, migliorare le stime riguardanti il fenomeno, migliorare i livelli assistenziali, perfezionare le linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico, garantire campagne di informazione e sensibilizzazione, favorire forme di aiuto alle famiglie, promuovere progetti per l'inserimento lavorativo dei soggetti adulti.</p><p>Vedremo quanto di tutto ciò verrà effettivamente realizzato. Non ci conforta, anche a questo riguardo, dover costatare un calo dell'attenzione mediatica sul tema. Anzi, dobbiamo notare più di uno scivolone di sensibilità. Uno per tutti, i commenti malevoli alla notizia che la 16enne svedese attivista per il clima e la difesa dell'ambiente Greta Thunberg è affetta da sindrome di Asperger, una forma di disturbo pervasivo dello sviluppo. Come dire: "è malata, per quel che dice e fa va compatita". Ne hanno parlato in questi termini opinionisti, giornalisti, frequentatori di quei festival dell'odio cui sono spesso ridotti i <i data-redactor-tag="i">social</i>.</p><p>È stata la stessa Greta a rispondere con un tweet del 2 aprile: «Oggi è la Giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo. Orgogliosi di essere nello spettro! È una lotta senza fine contro scuole, luoghi di lavoro e bulli. Ma nelle giuste circostanze, può essere un superpotere. Ho avuto la mia giusta dose di depressione, alienazione, ansia e disturbi. Ma senza la mia diagnosi, non avrei mai iniziato i miei scioperi a scuola. Perché allora sarei stata come tutti gli altri. Le nostre società devono cambiare, e abbiamo bisogno di persone che pensano fuori dagli schemi e dobbiamo iniziare a prenderci cura l'uno dell'altro. E abbracciare le nostre differenze».</p><p>La famiglia di Greta ha recentemente pubblicato un libro ("La nostra casa in fiamme", Mondadori-la Repubblica) in cui racconta le peripezie attraverso le quali è passata per giungere alla diagnosi di autismo per Greta e sua sorella Beata: "sindrome di Asperger ad alto funzionamento" è stato l'esito di un percorso attraverso diversi centri medici. Colpisce, in questo racconto, il carico di sofferenza che la famiglia ha dovuto sostenere. Il commento della madre: "Ignoranza, trattamenti sbagliati, discriminazione, incapacità di adattamento della società". 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